Douglas Gordon giurato alla Mostra del Cinema di Venezia

I confini tra le diverse espressioni artistiche sono sempre più labili e in un panorama nel quale musei e gallerie propongono eventi che intersecano diversi linguaggi, la Settima Arte non può restare indifferente alle recenti produzioni dei video artisti.
La 65ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (dal 27 agosto al 6 settembre) ha offerto una delle poltrone dedicate ai giurati a Douglas Gordon. Presidente della Giuria Wim Wenders coaudiuvato dal russo Juriy Arabov, dallo statunitense John Landis, dall’argentina Lucrecia Martel, dal cinese Johnnie To e dalla nostra Valeria Golino.

Douglas Gordon (Glasgow 1966) si è aggiudicato il Turner Prize nel 1996 e da allora è riconosciuto come uno dei maggiori artisti internazionali. Attento osservatore della contemporaneità, mescola comunicazione verbale a immagine in movimento utilizzando un doppio registro articolato e vincente. Oltre alla videoarte Gordon utilizza la fotografia e la scultura: elementi astratti ed elementi matrici si combinano in creazioni uniche e dal forte impatto emotivo. Famoso per le installazioni video dalle dimensioni inusitate e per la sottolineatura dei dettagli infinitesimali ha esposto nelle maggiori sedi museali e gallerie del mondo (basti pensare che nel 2006 il Museum of Modern Art di new York gli ha dedicato una retrospettiva). Gordon è uno degli artisti di punta della scuderia Gagosian Gallery.

In Italia Gordon è stato ospite della Biennale di Venezia che nel 1998 gli ha assegnato il Premio 2000; il Mart di Rovereto ha organizzato una mostra su di lui nel 2006 e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ha coprodotto il video – girato con Philippe Parreno – “Zidane, un ritratto del XXI secolo” distribuito ora in dvd da Feltrinelli.

T2 Torino Triennale 50 Lune di Saturno. Prime indiscrezioni

(nota: questo articolo è stato pubblicato su Artkey n°6 - settembre/ottobre 2008)

Guido van der Werve - Nummer Zes. Steinway Grand Piano, wake me up to go to sleep and all the colors of the rainbow (Numero sei. Steinway Grand Piano, svegliami per andare a dormire e tutti i colori dell’arcobaleno), 2006

Sono passati tre anni dalle Olimpiadi torinesi che avevano scaldato l’inverno del 2005 coinvolgendo il mondo dello sport, della musica e dell’arte. In quell’occasione, sotto i riflettori internazionali, l’evento di arte contemporanea di punta fu la prima edizione della Triennale di Torino dislocata in diverse sedi, tra le quali: Castello di Rivoli, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Fondazione Merz, Pala Fuksas e GAM – Galleria Civica d’arte Moderna e Contemporanea.
Curatori i torinesi d’adozione Carolyn Christov Bakargiev e Francesco Bonami ai quali si deve la riuscita di un evento di qualità dal carattere forte e deciso. In particolare, Rivoli e Sandretto Re Rebaudengo – sedi di provenienza dei due curatori – presentavano allestimenti d’eccezione, artisti notevoli e soprattutto le due retrospettive personali di Doris Salcedo e Takashi Murakami. Rispettivamente quindi due donne e due uomini, più legate alla socio-politica e all’introspezione le prime; più pop e attenti al mercato i secondi. Indubbiamente un quartetto d’eccellenza.
La Triennale presentò, oltre ai due ospiti d’onore, 75 artisti, taluni provenienti dall’olimpo dell’arte, altri emergenti, puntando sulle nuove proposte sia locali che internazionali. Il tema scelto era di per sé già molto impegnativo, da veri intellettuali, dettaglio insolito negli eventi di simile portata. “La sindrome di Pantagruel” raffinato riferimento letterario per condurre alla riflessione “sulla nostra epoca onnifaga e affetta da gigantismo”.
La coesistenza di due grandi retrospettive e di diverse mostre collettive aveva sottolineato l’obiettivo dichiarato della Triennale: proporre il dialogo tra le emergenze artistiche, più fresche e sperimentali, e le ricerche più mature, solide e interessanti del panorama internazionale. La Triennale del 2005 confermò il ruolo di città contemporanea per il quale il capoluogo sabaudo in questi ultimi anni si è prodigato, caratterizzandosi per l’offerta di una proposta culturale che sappia unire quantità e qualità.
Non sarà quindi facile raccogliere quest’eredità e organizzare una seconda edizione senza essere fagocitati (tanto per restare in tema) dall’ansia di prestazione derivante dall’inevitabile confronto.
Eppure, stando alle prime notizie, la seconda edizione della Triennale di Torino, la T2, parte con lo stesso entusiasmo e sembra intenzionata a puntare ancora sulla qualità, smussando gli spigolosi errori che, inevitabilmente, un evento di tale dimensione ha portato con sé. Innanzi tutto si è scelto di ridurre le sedi, portandole da sette a tre. Idea ottima, considerando che le critiche mosse alla passata edizione riguardavano proprio la dispersione e la poca coerenza dei diversi allestimenti. Restano in campo Rivoli e Sandretto e la new entry Palazzina della Società Promotrice delle Belle Arti, spazio espositivo versatile e generalmente poco sfruttato.
L’edizione 2008 si avvale di un solo curatore, non meno valido dei predecessori. Si chiama Daniel Birnbaum e per chi non lo conoscesse basterà dire che è il direttore dello spazio espositivo Portikus di Francoforte, nonché dell’Accademia di Belle Arti della stessa città. Oltre a collaborare con diverse riviste di arte contemporanea, è stato per un anno co-curatore alla Biennale di Venezia e per due edizioni ha seguito la Biennale di Mosca. Nel 2009, lasciata Torino, lo Svedese sarà direttore del Settore Arti Visive della prossima Biennale di Venezia. Una curiosità: Birnbaum nasce filosofo. Prima di dedicarsi alla sua seconda passione, l’arte, ha conseguito un dottorato in filosofia. Basterà dire che uno dei suoi ultimi lavori è il volume, edito da postmedia “Cronologia. Tempo e identità nei film e nei video degli artisti contemporanei”, un saggio filosofico sull’arte contemporanea e il concetto del tempo che parte da una conferenza e un seminario tenuti dallo stesso Birnbaum, il quale riflette sull’arte contemporanea privilegiando le “cesure di non-senso e le vacuità nella fitta rete del senso”.
A Torino Birnbaum aveva curato, in duo Marc-Olivier Whaler – direttore del Palais de Tokyo – "Constellations", mostra di impronta museale all’interno della passata edizione di Artissima. Ed evidentemente, oltre alla filosofia e all’arte, Birnbaum ha una passione per l’astronomia dato che il suggestivo titolo della T2 sarà “50 lune di Saturno”. “Saturno è l’astro della malinconia e la malinconia è lo stato d’animo dell’ispirazione” ha dichiarato il curatore. La Triennale dello spleen inaugurerà il 6 novembre 2008, in concomitanza con Artissima 15 e con l’ormai tradizionale Contemporary Arts, il mese che la città di Torino e il Piemonte dedicano all’arte contemporanea presentando un calendario fitto di inaugurazioni ed eventi. La Triennale presenterà i lavori di 50 giovani artisti provenienti da tutto il mondo e, come nella scorsa edizione, due omaggi a grandi artisti già affermati: Olafur Eliasson e Paul Chan. Il danese sarà ospite del Castello di Rivoli, la mostra del cino-statunitense, invece, sarà allestita alla Fondazione Sandretto.
Tra i nomi dei cinquanta artisti selezionati Wolfgang Tillmans, già ospite del Castello di Rivoli alcuni anni fa; Wilhelm Sasnal - intervistato per Teknemedia da Gaia Simionati, ArtKey n. 7 -; e gli italiani Meris Angioletti, Rosa Barba, Valerio Carruba, Antonio Cataldo & Mariagiovanna Nuzzi, Lara Favaretto, Anna Galtarossa, Diego Perrone, Alessandro Piangiamore Giuseppe Pietroniro, Giulia Piscitelli, Pietro Roccasalva, Alberto Tadiello, Luca Trevisani eTatiana Trouvé.